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Gabriele Pepe    
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Nato a Civitacampomarano (CB) il 7 dicembre 1779 e formatosi in gioventù alla scuola dello zio Francesco Maria Pepe e di Attanasio Tozzi, e poi a quella di Costantino Lemaitre a Lupara, visse in maniera travagliata e romanzesca gli ideali di ardore patriottico, di rigore culturale e di progresso sociale.
A diciassette anni si arruolò come alfiere di cavalleria e, abbracciata la causa repubblicana nel 1799, subì gli effetti della restaurazione monarchica prima con l'arresto, e la condanna a morte commutata in esilio perpetuo a Marsiglia, grazie all'età, poi con la devastazione della casa natale da parte dei sanfedisti di Ruffo. Esiliato in Francia, arruolatosi nelle truppe napoleoniche partecipò alla campagna d'Italia e a quella di Spagna, sia al servizio di Giuseppe Bonaparte, re di Napoli, che di Gioacchino Murat, in una carriera militare che lo vedrà Generale Comandante della Guadia Nazionale.
Letterato e poeta, nel 1820 fu eletto deputato al Parlamento Napoletano, sciolto il quale subì un secondo esilio a Brunn, in Moravia. Fu nuovamente esiliato a Firenze, dove si distinse per i suoi interessi scientifici e letterari (fu membro dell'Accademia dei Georgofili e del Circolo del Vieusseux, nonché collaboratore dell'Antologia), e per la divulgazione della filosofia di Vico negli ambienti fiorentini frequentati da Leopardi, Manzoni, Giordani e Foscolo.
 
     
     
 
 
Ma il fatto che l’innalzò all’ammirazione di tutti gli italiani fu il duello che sostenne la mattina del 18 febbraio 1826 a Firenze contro il letterato francese Alfonso Lamartine, che aveva offeso l'Italia definendola "terra di morti". Pepe dando prova di coraggio non solo accettò un padrino francese a lui sconosciuto ma scelse anche la più corta delle spade.
Sconfitto l’arrogante poeta d’oltralpe, curò personalmente la ferita al braccio dell’avversario. Appena la notizia si diffuse gli giunsero da tutta Italia lettere di lode per aver difeso l’onore della Patria.
Nel 1836 tornò a Napoli dove partecipò pur anziano ai moti del 1848. Nello stesso anno fu rieletto deputato. Scampò ad un ultimo mandato di cattura solo con la morte, avvenuta a Civita il 26 luglio 1849.
             
 
 
 
 
 
 

In alto: ritratto di Gabriele Pepe

a lato: uniformi e spade appartenute a Gabriele Pepe
(Palazzo Magno - Campobasso)


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